LA DIRETTIVA UE 1937/2019 SUL WHISTLEBLOWING
L’impatto della Direttiva sull’ordinamento italiano
Nonostante il termine per il recepimento della “Direttiva UE 1937/2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’UE” sia scaduto il 17 dicembre 2021, l’Italia (come la maggioranza dei paesi europei) non ha proceduto alla sua adozione.
Ciononostante, nel momento del suo effettivo recepimento, la Direttiva avrà un notevole impatto sulla normativa nazionale vigente e, pertanto, anche sulle imprese del Paese.
Andiamo con ordine… cos’è il Whistleblowing?
Il Whistleblowing è un istituto di derivazione anglosassone che disciplina le modalità di segnalazione, ad opera dei dipendenti di un ente pubblico o privato, di potenziali violazioni, illeciti o frodi di cui siano testimoni sul luogo di lavoro.
Nell’ambito nazionale, tale istituto viene attualmente regolato dalla Legge n. 179/2017 la quale ha stabilito delle nuove forme di tutela dei segnalatori di reati o irregolarità (cd. whistleblowers).
Tale legge è legata a filo doppio con il D.lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica). Infatti, chiunque decida di dotarsi di un Modello 231, dovrà necessariamente istituire un sistema di segnalazione e garantire la protezione (e l’anonimato) dei segnalanti (cd. sistema di whistleblowing).
Come è fatto un sistema di Whistleblowing?
Alla luce di quanto disposto dall’art. 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del D.lgs. n. 231/2001, il Sistema di whistleblowing dovrà prevedere:
- uno o più canali che consentano ad amministratori, dirigenti e dipendenti di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del suddetto D.lgs. n. 231/2001, e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali devono garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
- almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del whistleblower;
- il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
- dei provvedimenti sanzionatori nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate.
Inoltre, l’art. 6, commi 2-ter e 2-quater, del D.lgs. n. 231/2001 dispone che:
- l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei segnalanti può essere segnalata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche all’organizzazione sindacale da questi indicata;
- il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del whistleblower è nullo, così come sono nulli il mutamento di mansioni, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante;
- è onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari o demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.
Pertanto, nel rispetto della normativa vigente nel settore privato, le misure di tutela dei segnalanti trovano attualmente applicazione solo ove l’ente abbia volontariamente deciso di adottare ed attuare un modello di organizzazione e gestione ex D.lgs. n. 231/2001.
Le NOVITÀ introdotte dalla Direttiva UE 1937/2019
A fronte del quadro normativo delineato, nel 2019 la Direttiva “Whistleblowing” è intervenuta per disciplinare all’interno dell’Unione la disciplina della protezione dei whistleblowers estendendo le tutele accordate ai dipendenti pubblici anche al settore privato, introducendo norme minime di tutela comuni in modo da allineare ed uniformare le differenti normative nazionali estremamente frammentate ed eterogenee.
La novità più importante è questa:
la Direttiva europea, a differenza dell’attuale normativa che si riferisce alle sole violazioni del modello organizzativo 231 e/o del D.lgs. n. 231/2001, estende l’ambito applicativo della disciplina sul whistleblowing anche alle violazioni del diritto dell’UE che ledono il pubblico interesse o che rientrano in una serie di settori elencati (non in modo tassativo) dalla stessa norma: appalti pubblici; sicurezza e conformità dei prodotti; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; sicurezza degli alimenti; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi; etc.
E ancora, la norma europea impone anche alle imprese private, l’obbligo di:
- istituire canali di segnalazione interni, esterni e pubblici, nonché implementare le procedure per dare seguito alle segnalazioni ricevute sempre tutelando la riservatezza dell’identità dei segnalanti;
- vietare ogni atto ritorsivo e discriminatorio nei confronti del whistleblower, in conseguenza della segnalazione effettuata, ricomprendendo anche comportamenti indiretti dei quali, la stessa Direttiva, fornisce un elenco non tassativo: danni, anche alla reputazione della persona, in particolare su social media, o perdita finanziaria, compresa la perdita di opportunità economiche e la perdita di reddito; l’annullamento di una licenza o di un permesso; valutazioni negative delle performance; mancate promozioni o referenze negative; etc.
Infine, la Direttiva impone agli Stati membri di prevedere delle misure a sostegno dei segnalanti consentendo loro di accedere:
- ad informazioni e consulenze esaustive e indipendenti, facilmente accessibili al pubblico e a titolo gratuito, sulle procedure e i mezzi di ricorso disponibili in materia di protezione dalle ritorsioni sui diritti della persona coinvolta;
- a un’assistenza efficace da parte delle autorità competenti per la protezione dalle ritorsioni;
- al patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento penale e di un procedimento civile transfrontaliero;
- a un’assistenza finanziaria e sostegno, anche psicologico, nell’ambito dei procedimenti giudiziari.
Gli obblighi qui segnalati, riguarderanno tutti gli enti privati con più di 50 dipendenti o con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di euro (a prescindere dalla adozione, o meno, di un modello organizzativo ex D.lgs. n. 231/2001), le istituzioni pubbliche e i Comuni con più di 10.000 abitanti.
Conclusioni
La Direttiva UE 1937/2019 detta una disciplina unitaria senza distinzioni di trattamento tra settore pubblico e settore privato che, pertanto, comporterà l’adozione di numerose modifiche alla vigente normativa nonché l’implementazione del sistema di whistleblowing nel settore privato che, preliminarmente, non potrà più essere legato alla adozione di un modello organizzativo 231.
Di conseguenza, le imprese destinatarie dei nuovi obblighi dovranno ripensare i propri sistemi di whistleblowing ed istituire dei nuovi canali di segnalazione rispetto a quelli eventualmente già contemplati nei propri modelli organizzativi 231.
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